Fine anno, è tempo di bilanci

Dario Laquintana
S.I.T.R.A. Fondazione I.R.C.C.S. Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Per corrispondenza: Dario Laquintana, laquintana@policlinico.mi.it


Quello che è passato è stato un anno importante, anche per gli infermieri italiani.
C'è un filo conduttore che dal 25 novembre 2015, data in cui è entrato in vigore decreto legislativo 66/2003,1 ha accompagnato lo svolgersi dell'anno appena terminato, caricandolo di attese che, come dice una vecchia regola della ricerca, sono fatte per essere deluse. Da allora nelle organizzazioni si sono verificate delle problematiche riconducibili a  tre temi collegati l'uno all'altro che  riguardano gli orari di lavoro, l'invecchiamento della popolazione lavorativa e le dotazioni organiche.


gli orari di lavoro

Poco più di un anno fa entrava in vigore il decreto legislativo 66/2003 che rendeva obbligatoria l'applicazione della normativa europea sull'orario di lavoro con i relativi vincoli:
– 11 ore consecutive di riposo nell'arco di 24 ore;
– un giorno di riposo settimanale, calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni;
– durata massima dell'orario di lavoro non superiore, per ogni periodo di 7 giorni, alle 48 ore, calcolato come media in un periodo di 6 mesi (termine posto dal CCNL).

La normativa europea non aumentava l'orario di lavoro settimanale ma imponeva una diversa articolazione degli orari. In particolare impediva lo svolgimento nello stesso giorno del turno mattino/notte o l'articolazione dei turni pomeriggio/mattino se la notte aveva una durata inferiore alle 11 ore.
Apparentemente modifiche di poco conto ma che hanno inciso molto nella vita di molti infermieri.
Il turno pomeriggio/mattino/notte consentiva di concentrare l'orario lavorativo e di poter fruire di un doppio riposo che la diluizione dei turni ha di fatto reso impossibile. Inoltre le scoperture improvvise dei turni, in assenza di un organico finalizzato a coprirle, determinano il richiamo in servizio nei giorni di riposo con riduzione dei giorni liberi.
Gli infermieri ora lavorano meno? No, lavorano le stesse ore di prima, ma lavorano sempre.
Di fatto i giorni di riposo si sono ridotti. Un turnista che fa un riposo ogni cinque giorni fa sei riposi in un mese, contro gli otto di un collega che lavora dal lunedì al venerdì. I riposi sono stati ricollocati all'interno dei giorni lavorativi ma non si può sostenere che riposare di giorno con la prospettiva di andare a lavorare di notte sia uguale ad avere due giorni consecutivi di riposo.
La diversa articolazione oraria e il rispetto dei vincoli hanno prodotto un altro effetto collaterale, rendendo più complessa l'attività di aggiornamento obbligatorio, la partecipazione a riunioni di reparto in orario di servizio o la partecipazione all'attività didattica. Queste attività si svolgono normalmente nella fascia oraria diurna e nei giorni feriali e non sono programmabili tenendo conto della sospensione del servizio o delle pause di 11 ore. L'infermiere non può andare al corso di aggiornamento il mattino o alla riunione di reparto e fare la notte e se capita nel suo unico giorno di riposo bisogna tener conto della necessità di garantire due riposi nell'arco di 14 giorni. Il risultato è che gli infermieri spesso si aggiornano o partecipano alle riunioni di servizio sul loro tempo libero, evitando di registrare la presenza. Il problema è tale che nelle bozze di contratto in circolazione, da più parti si chiede che l'aggiornamento e le riunioni non siano ricompresi tra i motivi che interrompono il riposo di 11 ore.
La riduzione dei giorni di assenza dal servizio, più che riposo, ha inciso sulla percezione di distacco dalla realtà lavorativa, fondamentale per consentire un reale recupero psicofisico. A ciò si associa la difficoltà a conciliare gli impegni lavorativi con quelli personali, in una professione che per oltre il 70% è composta da donne, genere su cui continua a gravare il maggior carico familiare.
Tutto questo ha portato molti infermieri a chiedere di svolgere i turni da 12 ore, paradossalmente rispettosi della normativa sugli orari di lavoro che consente di lavorare fino a 12 ore e 50 minuti  con una pausa di 10 minuti. Il turno di 12 ore consente di comprimere il debito orario settimanale in tre giornate lavorative (o due giornate e una notte) e di avere, almeno teoricamente, quattro giornate di riposo numero che consente, calcolati i salti riposo, l'aggiornamento e le riunioni, di averne almeno due reali la settimana.
Il modello perseguito è quello del lavoro medico che già ora di notte e sul fine settimana è spesso articolato sulle 12 ore, anche se è molto diversa la natura del lavoro. Da una parte la guardia a chiamata, dall'altra l'assistenza attiva.
A questo si associa il dato riportato da più studi2,3,4 sugli errori che aumentano esponenzialmente dopo le 8 ore di lavoro continuative. È vero che i risultati sono spesso derivati da analisi secondarie di studi con altri obiettivi, oppure sono tratti da case report di altre professioni (es: incidenti stradali dei camionisti o infortuni sul lavoro nell'industria) e non sempre tengono in considerazione dati rilevanti, come le ore settimanali lavorate, o le pause “vere” in 12 ore (1 ora? 2 ore? Possibilità di dormire di notte?), o la sua limitazione ad alcuni giorni, come il fine settimana, o in alcuni orari, come quello notturno. Può essere un turno praticabile in alcuni ambiti in cui l'attività è prevalentemente di attesa, sicuramente non è un modello di turno applicabile dappertutto ed è escluso nei contesti ad elevato carico di lavoro. Resta un tema aperto con un razionale molto forte, che si presta bene a un protocollo di ricerca (l'organizzazione è uno dei campi orfani della ricerca infermieristica) e che al momento frena le direzioni dal pensare di aderire alle richieste che sempre più frequentemente ricevono.
Oltre a questo si sommano problemi interpretativi legati all'esatto calcolo del debito orario nei giorni di assenza dal servizio e la difficile conciliazione con le regole generali del contratto di lavoro che non prevedono che il debito lavorativo settimanale sia erogata in sole tre giornate. Qualcuno, erroneamente, pensa che il turno delle 12 ore convenga alle amministrazioni per le quali invece è ideale il turno articolato su 6 ore per 6 giorni lavorativi che non prevede pause e nemmeno il pagamento sostitutivo della mensa, oneri calcolati come aggiuntivi alla retribuzione della prestazione lavorativa. Di fatto resta uno dei turni meno praticati in sanità mentre è il turno tipico di altri comparti anche pubblici, come le forze dell'ordine.
Quello dell'articolazione degli orari di lavoro resta il problema di una professione che ha la sua natura nell'erogazione dell'assistenza che sarà sempre sulle 24 ore, 365 giorni l'anno. Questo dato, immodificabile, deve essere coniugato con quello di una popolazione lavorativa che invecchia sempre di più.


l’invecchiamento della popolazione lavorativa

Il tema dell'invecchiamento della popolazione lavorativa è sempre più rilevante e di difficile soluzione per le professioni, come quella infermieristica, usuranti. Il fenomeno si è evidenziato in particolare negli ultimi anni, che hanno registrato una riduzione degli ingressi nel modo del lavoro, compensata parzialmente da una riduzione delle uscite, dovute alla riforma del trattamento pensionistico e alle leggi di bilancio. Le indicazioni sono state applicate in modo diverso dalle regioni, bloccando totalmente il turnover  in alcuni casi o limitandolo a percentuali variabili tra il 50 e 80% in altri.
La riduzione degli ingressi e l'invecchiamento della popolazione lavorativa hanno determinato un aumento percentuale delle limitazioni funzionali, spesso legate all'attività sui turni o alla movimentazione dei carichi (…e dei pazienti), traducendosi nella pratica dall'allontanamento dalle aree di degenza.
Quest'anno è sembrato che il tema, sommato a quello dell'applicazione della direttiva sugli orari di lavoro, fosse così evidente da essere giunto anche all'attenzione dei politici.
Gli infermieri dovevano essere, nelle dichiarazioni, i destinatari di provvedimenti tesi a riqualificarne le dotazioni organiche, insieme ai medici per l'applicazione dei nuovi orari di lavoro e perché individuati5 tra le categorie di lavoratori usuranti con agevolazione all'accesso al trattamento pensionistico.
Il presidente del consiglio6 e il ministro della salute7 hanno annunciato, sia in televisione che in parlamento nuovi concorsi straordinari per infermieri e medici, con l'assunzione di un numero aggiuntivo di professionisti compreso tra i 4000 individuati dal governo e i 18000 richiesti dalle organizzazioni sindacali.
Dopo la caduta del governo le priorità sono diventate altre e le dichiarazioni non si sono trasformate nei decreti attuativi. Le commissioni parlamentari per il lavoro stanno ancora discutendo sull'individuazione dei fattori usuranti: solo i turnisti? Solo chi fa almeno 80 notti in un anno? Solo gli strumentisti? Solo chi lo ha fatto per almeno 6 anni negli ultimi 10 di lavoro? Governo, regioni e organizzazioni sindacali stanno ancora discutendo sui criteri da adottare per ridefinire le dotazioni organiche, come previsto dalla legge di stabilità 2015, per dare il via ai nuovi concorsi a seguito dell'applicazione dei nuovi orari di lavoro, dati che dovevano essere disponibili dal giugno del 2016. 8 I concorsi straordinari non ci sono stati.
Sono invece aumentati gli iscritti ai megaconcorsi “ordinari”9 che sono ormai diventati quasi regionali, con massimi, come in Toscana, di 16000 partecipanti.
In concorsi con tali numeri l'obiettivo della commissione esaminatrice non è quello di individuare i migliori talenti ma garantire che le procedure siano rispettate per evitare i ricorsi, lasciando la selezione reale al periodo di prova, e richiedono tempi di svolgimento anche superiori all'anno. Questo determina l'aumento del tempo di latenza tra laurea e inizio dell'attività lavorativa, che i neolaureati colmano partecipando ai concorsi, iscrivendosi ai master o alle lauree magistrali o frequentando tirocini post laurea a titolo gratuito. In altri casi svolgono attività professionale come liberi professionisti o “soci” di cooperative, nella stragrande maggioranza dei casi con retribuzioni marginali ed in condizioni lavorative che rasentano lo sfruttamento.
Quando entrano nel mondo del lavoro dei servizi sanitari con ruoli più regolari, di solito con contratti a tempo determinato, in molti casi non hanno frequentato un reparto per acuti o non esercitato competenze infermieristiche di assistenza da oltre un anno,  hanno grosse difficoltà di inserimento che sempre più frequentemente li portano a non superare il  periodo di prova.
Questa riflessione è già stata posta nelle pagine di AIR10 e deve spingere a pensare diversamente alle modalità di inserimento lavorativo e di selezione concorsuale. È necessario superare la formula del concorso classico e ipotizzare nuove forme di selezione, in alcuni casi già sperimentate nella pubblica amministrazione, come quella del corso-concorso che prevede che la selezione iniziale serva ad ammettere ad un corso al termine del quale si ha un esame finale e l'immissione in ruolo. Questo consentirebbe ai candidati di dimostrare le loro reali capacità e alle amministrazioni a strutturare dei reali percorsi di inserimento, ottenendo però la possibilità di individuare concretamente i migliori talenti.

non più di sei

Ultimi stimoli alla riflessione dell'anno trascorso, che pongono dilemmi etici a chi si occupa di organizzazione, sono quelli provenienti da tre studi svolti nel nostro paese che hanno coinvolto molti ospedali: Esamed, NSO, RN4cast. Sono tre progetti ricerca che hanno visto l'unione tra le università e chi lavora nell'organizzazione con studi condotti su migliaia di pazienti e di infermieri, con un denominatore comune:
• Esamed11 (ESiti dell'Assistenza nei reparti di MEDicina) è l'acronimo di un gruppo di ricerca che ha prodotto diversi lavori legati agli esiti dell'assistenza nei pazienti ricoverati in medicina;
• NSO12 (Nursing Sensitive Outcome) è l'acronimo dell'osservatorio promosso dall'assessorato alla salute della regione Emilia Romagna e allargato a tutti gli ospedali italiani sugli esiti sensibili dell'assistenza;
RN4cast13 (Registred Nurse foreCAST) è la versione italiana dello studio internazionale sul protocollo degli studi svolti da Aiken negli Stati Uniti.

Non tutti i risultati di questi studi sono già stati pubblicati. Quelli disponibili confermano che la relazione tra numero di infermieri, esiti sensibili dell'assistenza, tipo di assistenza infermieristica non erogata è sempre più evidente. Gli studi convergono nel dire che quando il rapporto tra staff di assistenza e pazienti ricoverati è superiore a 1:6 (o 7) aumentano gli esiti negativi, le cure infermieristiche non erogate, ecc.
La consapevolezza di questi risultati pone sempre più problemi quando devono essere contrattati gli organici con le direzioni, sempre troppo tese verso gli obiettivi della legge di stabilità che prevede che entro il 2022 il costo del personale torni ad essere quello del 2004 ridotto del 1.4%. Numeri, buoni a quadrare il bilancio economico, non quello delle coscienze.
Scrivere nella legge di bilancio che devono esserci al massimo 3.7 posti letto per acuti ogni 1000 abitanti si traduce nel fatto che prestazioni anche complesse che prima venivano fatte in regime di ricovero siano svolte in regime ambulatoriale, non che non esistono più quei malati o quelle malattie. Dire oggi che in ogni reparto di base non ci devono essere più di 6 malati per ogni infermiere vuol dire mettere in discussione l'attuale organizzazione degli ospedali e del lavoro, la distribuzione degli infermieri nei servizi e la loro stessa presenza negli ambiti ambulatoriali (che non hanno standard minimi di accreditamento), in una sanità che ha spostato in ambulatorio e day hospital quello che fino a pochi anni fa richiedeva un ricovero.
Oppure vuol dire mettere in discussione le dotazioni organiche, la politica economica degli ultimi anni e le compatibilità di bilancio. Dobbiamo avere il coraggio di dire che standard di accreditamento di 20 anni fa, che riprendevano quelli di 50 anni fa, sono fuori dal tempo e sono pericolosi per i malati; 120 minuti di assistenza andavano forse bene nel 1969, quando la degenza media era di venti giorni e i pazienti totalmente dipendenti non più di tre per reparto, quando la terapia infusionale riguardava il 20% dei pazienti degenti e i grandi anziani avevano ottanta anni.
Oggi 120 minuti di assistenza sono economicamente sostenibili ma eticamente incompatibili.
Qualcuno ha già iniziato a dirlo e a scriverlo,14-15 ma è un'iniziativa che non può riguardare solo le direzioni infermieristiche o le presidenze dei collegi o alcuni docenti universitari, ma deve riguardare tutta la professione, forse non solo quella italiana ma anche quella europea.
A venti anni dalle iniziative per l'abrogazione del mansionario un obiettivo altrettanto importante per la professione è quello di lavorare in team con dotazioni adeguate per la nostra sicurezza e quella dei pazienti. Se è un obiettivo raggiungibile o solo un buon proposito per i prossimi anni dipende da noi.


BIBLIOGRAFIA

1. Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2003 - Supplemento Ordinario n. 61 - integrato e aggiornato con le modifiche apportate dall'articolo 14, della Legge n. 9/2014, di conversione del Decreto Legge n. 145/2013 (c.d. Destinazione Italia) - http://www.dplmodena.it/07-03-14DPLAggior66-2003.html
2. Chen J, Davis KG, Daraiseh NM, Pan V, Danis LS. Fatigue and recovery in 12-hour dayshift hospital nurses. J Nurs Manag 2014;22:593-603.
3. Dall'Ora C, Griffiths P, Ball J, Simon M, Aiken LH. Association of 12 h shifts and nurses' job satisfaction, burnout and intention to leave: findings from a cross-sectional study of 12 European countries. BM J 2015;23:5 e008331.
4. Clendon J, Gibbons V. 12 h shifts and rates of error among nurses: A systematic review. Int J Nurs Stud 2015;52:1231-42.
5. http://www.ipasvi.it/attualita/pensioni-anticipate-ipotesi-infermieri-tra-professioni-pi--pesanti-id1891.htm
6. http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2016-10-12/renzi-annuncia-nuovi-concorsi-medici-e-infermieri-saitta-bene-ma-solo-un-fsn-113-mld-155959.php?uuid=ADDmx1aB&refresh_ce=1
7. http://www.corriere.it/salute/15_novembre_26/orari-medici-lorenzin-un-concorso-straordinario-le-assunzioni-c51a0d3a-9449-11e5-be1f-3c6d4fd51d99.shtml?refresh_ce-cp
8. http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?artico-lo_id=46429
9. Picogna M, Fabris S, Palese A. La storia naturale di un mega-concorso di cura vasta per infermieri: studio di un caso. Assist Inferm Ric 2015; 34:66-75.
10. Polonia M, Brugnolli A, Barbati G, Saiani L. La valutazione dei neolaureati infermieri nelle prove di concorso: indagine descrittiva. Assist Inferm Ric 2012;31:191-9.
11. http://www.evidencebasednursing.it/prova/Progetti/Ricerche/ESAMED.htm
12. http://salute.regione.emilia-romagna.it/documentazione/rapporti/Protocollo_NSO_2014.pdf
13. http://www.dissal.unige.it/jm/index.php/rn4cast-it
14. Saiani L, Guarnier A, Barelli P, Zambiasi P, Allegrini E, Bazoli L, et al. Raccomandazioni e standard italiani per dotazioni infermieristiche ospedaliere sicure: esiti di una consensus conference. Ig Sanita Pubbl 2011; 67:777-92.
15. Palese A, Watson R. Nurse staffing and education in Europe: if not now, when? Lancet 2014;383:1789-90.