Chiedete e vi sarà dato…?

Laura Zoppini
Direzione Assistenziale delle Professioni Sanitarie e Sociali
ASST Rhodense
Per corrispondenza: Laura Zoppini, lzoppini@aogarbagnate.lombardia.it


La fine dell'estate rappresenta un “altro” inizio d'anno. In continuità con l’editoriale pubblicato nell'ultimo numero del 20161 in questo numero di Assistenza Infermieristica e Ricerca è nuovamente affrontato il tema che, a partire dal recepimento della direttiva europea sugli orari di lavoro, ha portato il governo a ipotizzare un nuovo modello di determinazione degli organici.
Questo tema ha sempre impegnato la professione che ha ricercato e continua a ricercare, nuovi modelli finalizzati a dimostrare il fabbisogno di assistenza infermieristica espresso in minuti di assistenza. Lo sforzo infinito accompagna la speranza che la dimostrazione scientifica degli effetti positivi della presenza di infermieri, o quelli negativi della loro carenza, consentano di ottenere più infermieri impiegati nei diversi contesti assistenziali.
Dimostrare gli effetti positivi dell'assistenza infermieristica non basta. La possibilità di inserire nuovo personale nei servizi sanitari è direttamente collegata alla disponibilità di risorse economiche per coprirne i costi.
La buona notizia è che questa volta le risorse economiche ci sono. Il finanziamento incrementale di 75 milioni di euro per il 2017 e di 150 milioni dal 2018 rappresenta un importante contributo per i piani di assunzioni delle aziende sanitarie, reduci da dieci anni di crisi economica e di blocco del turn over.
Ma come saranno spesi? Il modello di determinazione del fabbisogno presentato da Laquintana et al.2 era proprio finalizzato ad individuare le carenze di personale per definire i piani di assunzione regionali ed a suddividere le risorse tra regioni, tra aziende e tra i profili professionali medici, infermieristici e di supporto. Il modello ha mostrato i suoi limiti ed è improbabile possa essere utilizzato, considerati anche i tempi ristretti, per arrivare a determinare i nuovi fabbisogni di personale.
Mentre è facile risolvere il problema della distribuzione delle risorse tra le diverse regioni, semplicemente distribuendo il finanziamento secondo i piani di riparto del fondo sanitario nazionale, appare più complesso ipotizzare un equo criterio di distribuzione all'interno delle diverse regioni e, soprattutto, tra i diversi profili. Se i 150 milioni di euro fossero utilizzati solo per gli infermieri, consentirebbero di assumere stabilmente 5000 nuovi professionisti in tutta Italia, tra la metà e un terzo dei candidati presentatisi a uno qualsiasi dei maxiconcorsi svolti nell'ultimo anno. Se fosse diviso in parti uguali tra i diversi profili, consentirebbe l'assunzione di circa 2000 oss, 1600 infermieri e 800 medici. Numeri molto diversi che, distribuiti in tutte le aziende sanitarie nazionali diventano ancora meno rilevanti.
Le dinamiche che guidano la distribuzione delle risorse non sono mai legate alle evidenze scientifiche. Sono invece dipendenti dai rapporti di forza tra le professioni o dalle opportunità. Tale regola è tanto più forte quando il livello passa dal macro al micro, in questo caso dal nazionale, al regionale e all'aziendale. Ad esempio avere delle risorse da investire in assunzioni, come prevede la stessa norma,3 in una azienda sanitaria, consente in primo luogo di stabilizzare i precari, contrattisti, collaboratori a progetto, stagisti che sono frequentemente professionisti che da anni passano da un contratto all'altro, alla ricerca di una stabilità impossibile da ottenere. Spesso sono professionisti che occupano posizioni di lavoro stabili nell'organizzazione, erogano prestazioni riconosciute a tutti gli effetti, che a volte firmano con il nome dei colleghi strutturati. Diventano così indispensabili all'organizzazione, che la cessazione di uno di loro corrisponde alla chiusura di ambulatori, riduzione di prestazioni diagnostiche, aumento delle liste di attesa, ecc.
L'arrivo di nuove risorse per le assunzioni si traduce in un infinito corteo di direttori di servizi che chiedono con forza e insistenza la stabilizzazione dei collaboratori, pena l'impossibilità a mantenere le prestazioni assistenziali. In questo corteo è presente anche il dirigente delle professioni sanitarie, l'unico che quando si muove chiede assunzioni non del singolo professionista, ma di decine di professionisti. Se è la richiesta di un singolo è difficile ottenere risultati, se è la richiesta di molti avremo più possibilità.
È arrivato il momento di chiedere, di chiedere insieme e di chiedere con forza. 
In ogni azienda sanitaria gli infermieri sono tra il 30% ed il 40% della popolazione lavorativa ma raramente fanno sentire un'unica voce. Troppo spesso non fanno sentire nemmeno quella.
È necessario chiedere che le risorse per le assunzioni siano veicolate prevalentemente sul personale infermieristico “perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.”4 Abbiamo a sostegno della nostra richiesta i dati di decenni di studi sui carichi di lavoro, consensus conference5 ed evidenze dalla letteratura nazionale e internazionale che delineano un obiettivo: non meno di 200 minuti di assistenza ed un rapporto non superiore a un infermiere ogni 6/7 utenti per i reparti di base
Anche in campo organizzativo è arrivato il momento di traslare i risultati della ricerca nella pratica.


BIBLIOGRAFIA

1. Laquintana D, Fine anno, è tempo di bilanci. Assist Inferm Ric 2016;35:168-73.
2. Laquintana D, Pazzaglia S, Demarchi A. Le nuove metodologie di valutazione del fabbisogno del personale infermieristico, medico e di supporto: un esempio di applicazione. Assist Inferm Ric 2017;36:123-34.
3. Legge 28 dicembre 2015, n. 208. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016). (15G00222) (GU Serie Generale n.302 del 30-12-2015 - Suppl. Ordinario n. 70).
4. Luca, 11:10.
5. Saiani L, Guarnier A, Barelli P, Zambiasi P, Allegrini E, Bazoli L, et al. Raccomandazioni e standard italiani per dotazioni infermieristiche ospedaliere sicure: esiti di una consensus conference. Ig Sanità Pubbl 2011;67:777-92.