Quando la solitudine e l’isolamento sociale

diventano un fattore di rischio per la salute

A cura della Redazione


Nei numeri precedenti abbiamo affrontato più volte uno dei problemi determinato dalla pandemia: l’isolamento sociale.1-3 Si è molto parlato, ma non abbastanza, di solitudine, le cui conseguenze si fanno ancora sentire anche perché a tutt’oggi, in molti ospedali e lungodegenze per anziani, le visite continuano a essere limitate. La revisione della letteratura pubblicata su questo numero,4 che offre anche un interessante spaccato su quanto avvenuto in Italia, e un recente contributo su un’autorevole rivista internazionale5 ci danno l’occasione di ritornare su questo tema.

È noto che la solitudine e l’isolamento, anche se voluti,6 sono un fattore di rischio non solo per la salute psicologica (ansia, depressione, demenza, tentativi di suicidio…),7,8 ma anche per le malattie cardiovascolari e la mortalità per tutte le cause, e per numerosi altri problemi di salute.7

Secondo il rapporto Passi d’Argento9 sulla solitudine negli anziani, nel 2020-21 il 16% degli intervistati ha dichiarato che, nel corso di una settimana normale, non ha avuto contatti, neppure telefonici, con altre persone e ben il 77% ha riferito di non aver frequentato alcun punto di aggregazione, quindi di aver vissuto in una condizione di isolamento sociale. L’isolamento sociale è più frequente tra gli ultra 85enni (33% >85 vs 9% 65-74), tra chi ha un basso livello di istruzione (25% vs 9%) e maggiori difficoltà economiche (31% vs 12%) e tra i residenti nelle Regioni meridionali (20% vs 15% nel Centro e 10% nel Nord). Le restrizioni imposte dall’emergenza legata alla pandemia di Covid-19 hanno ridotto significativamente le occasioni di socializzazione, così importanti in questa fascia della popolazione, e se il rischio di isolamento sociale non è aumentato, perché le persone hanno continuato a mantenere un contatto a distanza con gli altri, non è neppure diminuito.

Una metanalisi di 106 sperimentazioni cliniche ha reso esplicito come associare ai trattamenti un sostegno psicosociale nei pazienti assistiti in contesti clinici aumenti la probabilità di sopravvivenza del 20% rispetto al solo trattamento,10 sottolineando quindi come le misure di contrasto all’isolamento siano parte dell’assistenza.

Al di là della pandemia, che ha privato sia pazienti che familiari del contatto con i propri cari, questi dati impongono alcune riflessioni. Prima di tutto sono un invito a raccogliere nell’anamnesi infermieristica i dati sull’isolamento sociale (ad esempio, non aver qualcuno a cui rivolgersi in caso di bisogno) per segnalare la situazione agli infermieri di territorio e agli assistenti sociali. L’attivazione delle reti, anche per prevenire la solitudine, sarà uno degli elementi importanti nel lavoro degli infermieri di famiglia.

Abbiamo già affermato sulla rivista che i contatti con i familiari, soprattutto durante la malattia, sono un diritto del paziente.1 Il problema dell’isolamento per la prevenzione delle infezioni è stato esacerbato dalla pandemia. Anche se ci sono prove di efficacia a sostegno, l’isolamento non sarà mai riconosciuto come causa di morte. È fondamentale però renderne evidente l’impatto, sottolineare che pure questo aspetto è una variabile importante della presa in carico, di cui anche gli operatori sanitari sono responsabili. È essenziale riconoscere l’impatto negativo, anche a lungo termine, dell’isolamento e della mancanza di contatti con i propri cari, basilari per la qualità di vita sia dei pazienti che dei parenti, riconoscere le responsabilità che hanno avuto le istituzioni, fare in modo che gli errori non si ripetano e che tutti gli istituti di ricovero riconoscano il ruolo dei familiari, come partner nella cura del paziente.

Il libero accesso nelle strutture durante la pandemia avrebbe esposto sia il personale, sia i familiari e i pazienti, a un aumento del rischio di contagio, ma anche la chiusura delle porte ha comportato un incremento del rischio di mortalità e conseguenze sulla salute. Non siamo in grado di dire quale sarebbe stata la soluzione corretta, ma siamo certi che si deve trovare un equilibrio tra sicurezza e libertà/dignità delle persone ricoverate e degli ospiti nelle residenze per anziani.



BIBLIOGRAFIA


1. Redazione. La visita ai propri cari ricoverati: un diritto dei familiari e dei pazienti. Assist Inferm Ric 2022;41:190-4.

2. Redazione. Le visite dei parenti durante la pandemia Covid-19. Assist Inferm Ric 2022;41:103-4.

3. Tognoni G. La relazione come evento sentinella. Assist Inferm Ric 2022; 41:100-2.

4. Riva Rovedda F, Conti A, Viottini E. Le conseguenze delle restrizioni delle visite nelle strutture sanitarie residenziali: una revisione narrativa della letteratura. Assist Inferm Ric 2023;42:82-97.

5. Holt-Lunstad J, Perissinotto C. Social isolation and loneliness as medical issues. New Engl J Med 2023;388:193-5.

6. O’Sullivan R, Burns A, Leavey G, Leroi I, Burholt V, Lubben J, et al. Impact of the COVID-19 pandemic loneliness and social isolation: a multi-country study. Int J Environ Res Public Health 2021;18:9982.

7. Cohen S. Psychosocial vulnerabilities to upper respiratory infectious illness: implications for susceptibility to coronavirus disease 2019 (COVID-2019). Perspect Psychol Sci 2021;16:161-74.

8. Holt-Lunstad J. Social connections as a public health issue: the evidence and a systematic framework for prioritizing the “social” in social determinants of health. Annu Rev Public Health 2022;43:193-213.

9. Istituto Superiore di Sanità. La sorveglianza Passi d’Argento: isolamento sociale 2021. https://www.epicentro.iss.it/passi-argento/dati/isolamento.

10. Smith TB, Workman C, Andrews C, Barton B, Cook M, Layton R, et al. Effect of psychosocial support interventions on survival in inpatients and outpatient healthcare settings: a meta-analysis of 106 randomized controlled trials. PloS Med 2021;18:e1003595.