Importare infermieri dall’estero: soluzione o problema?

Anna Brugnolli1, Valerio Dimonte2

1Università di Trento
2Università di Torino

Per corrispondenza: Anna Brugnolli, anna.brugnolli@apss.tn.it

“Far arrivare in Italia un migliaio di infermieri all’anno, assunti dai paesi esteri di sedi delle Università cattoliche e di comunità missionarie”. È la sfida lanciata dalla Chiesa italiana per far fronte alla carenza di personale infermieristico negli ospedali e nelle istituzioni sociosanitarie.

Questa è l’apertura di un articolo pubblicato su Quotidiano Sanità il 18 maggio 2024.1 La carenza di infermieri è un problema noto e ormai riconosciuto da tempo: nei prossimi 4 anni si perderanno 100.000 infermieri e questo metterà in ginocchio un sistema che soffre già di una carenza di circa 60.000 infermieri. Questo fenomeno non è limitato all’Italia, ma ha una portata mondiale. Il Quebec sta stanziando 65 milioni di dollari canadesi (51 milioni di dollari americani) per una campagna biennale di reclutamento e formazione di infermieri stranieri, coinvolgendo paesi francofoni quali Algeria, Camerun, Mauritius, Marocco e Tunisia. Nel 2023 l’Australia occidentale ha lanciato una campagna di reclutamento di infermieri dall’estero, offrendo voli gratuiti, indennità di trasferimento e quarantena alberghiera obbligatoria gratuita per attirare gli infermieri stranieri.2

Anche il Governo italiano ha concluso un accordo per importare infermieri dall’India3 e la Regione Lombardia si è attivata per reclutarli dal Sud America.4 Per quanto riguarda il nostro paese, i problemi che si evidenziano – e che sono dibattuti nei contesti assistenziali e formativi –, oltre alla conoscenza della lingua italiana, sono quelli relativi al livello di preparazione ed esperienza clinico-assistenziale per l’esposizione a problemi di salute e trattamenti molto diversi da quelli italiani (malattie cronico-degenerative, demenza, problemi dei grandi anziani etc.). Questi aspetti potrebbero rendere problematico l’inserimento di infermieri stranieri nel nostro sistema sanitario. In questo contesto si colloca l’iniziativa della Chiesa italiana con il progetto Samaritanus care, che prevede l’assunzione di infermieri laureati nelle università cattoliche di tutto il mondo per almeno 3 anni nel nostro paese. La preparazione – in particolare lo studio della lingua italiana – e le spese organizzative saranno a carico delle istituzioni sanitarie di destinazione.1

Il reclutamento di infermieri dall’estero, anche se visto come soluzione di emergenza, dovrebbe comunque essere definito in un quadro di accordi con i paesi di origine e con un controllo dei livelli professionali degli infermieri in entrata. Nello specifico, come già accade in molti paesi, è essenziale prevedere un periodo di adattamento di almeno 3 mesi per verificare le competenze, apprendere la lingua, rendere più graduale e sicuro l’inserimento nei contesti lavorativi sia per i pazienti che per i professionisti. Questa strategia è perseguibile nell’ambito di accordi di medio periodo con i paesi invianti. Vanno garantiti non solo i diritti degli infermieri, ma anche quelli dei pazienti-cittadini, che hanno diritto di essere assistiti da professionisti qualificati, che conoscono il sistema sanitario locale e parlano la lingua della nazione in cui lavorano.

Ma prima ancora di affrontare le questioni relative all’inserimento di infermieri stranieri nel nostro sistema, è fondamentale che le istituzioni laiche e religiose si interroghino sull’etica di questo approccio per risolvere il problema della carenza del personale infermieristico. Bisogna chiedersi se sia etica una pratica diffusa che, secondo alcuni esperti, potrebbe trasformare una carenza acuta nel mondo in via di sviluppo in una crisi a lungo termine. Il Financial Times5 e Internazionale2 sono intervenuti denunciando lo ‘shopping’ di infermieri dai paesi più poveri. In sostanza, importare infermieri dall’estero sembra una soluzione rapida delle nazioni ‘ricche’ per coprire la carenza locale sempre più pressante.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, è difficile pensare che queste campagne di reclutamento non comportino problemi nei paesi da cui vengono attratti gli infermieri. “Saranno importati infermieri senza creare alcuna difficoltà alle strutture locali, anzi in piena sinergia con le istituzioni argentine e paraguaiane e le associazioni di categoria del territorio” dichiara Guido Bertolaso, assessore regionale al Welfare della Regione Lombardia.4 Un alto funzionario della sanità dello Zimbabwe ha rivelato che dal 2021 più di 4.000 professionisti sanitari (medici, infermieri e altri operatori) hanno lasciato il paese per andare a lavorare all’estero: 1.700 infermieri si sono licenziati nel 2023 e più di 900 nel 2024. Il settore è in crisi. Al momento, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il governo di Harare fatica a sostenere il suo servizio sanitario, tanto più che la popolazione continua ad aumentare.5 L’esodo degli infermieri riguarda anche il Kenya: gli stipendi offerti da cliniche e case di cura di Stati Uniti, Canada, Australia, Irlanda e Regno Unito sono decisamente più appetibili, quindi molti professionisti scelgono di partire, anche se questo significa lasciare sguarnita la sanità locale. Dei 90.000 keniani che lavorano negli Stati Uniti, più di un quarto è costituito da infermieri.5 Nazioni come Filippine, India e Giamaica hanno impostato la loro economia proprio sull’esportazione di infermieri, e i loro bilanci si basano sulle rimesse fatte dagli infermieri che lavorano all’estero, mentre in Africa, dove il rapporto infermieri-popolazione è di 0,1 ogni 1.000 abitanti, il problema, anche etico, è più complesso.5

Il direttore generale dell’OMS, pur non opponendosi alla migrazione di professionisti sanitari, evidenzia come la tendenza del personale sanitario qualificato di abbandonare zone dell’Africa, dell’America Latina e del Sud Est Asiatico per migliori opportunità nei paesi occidentali sia motivo di preoccupazione: “Gli operatori sanitari sono la spina dorsale di ogni sistema sanitario, eppure 55 paesi con i sistemi sanitari più fragili al mondo sono in carenza di personale per effetto delle migrazioni internazionali.”6 Per garantire l’accesso alle cure alla popolazione di questi paesi e gestire in modo appropriato questi flussi, l’OMS ha prodotto anche di recente alcuni documenti per regolare il fenomeno7 (Tabella 1), in accordo con l’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) e l’International Labour Organization (ILO), sottolineando che il reclutamento non va condotto in paesi che a loro volta hanno carenza di infermieri.




 Il WHO Global Code of Practice on the International Recruitment of Health Personnel del 2010, che mira ad accettare queste pratiche, è stato adottato anche dall’Italia. Anche il Regno Unito ha un codice etico che sposa questi principi, ma purtroppo gli infermieri arrivano nel Regno Unito anche da paesi che secondo l’OMS sono nella lista rossa.5

La carenza globale di infermieri è il risultato di forze economiche e ambientali che colpiscono sia i paesi di origine che quelli di destinazione. Nella maggior parte dei paesi la domanda di infermieri è in aumento e supera il numero di laureati. Il fatto che la carenza di infermieri si sia aggravata nel corso degli anni non lascia presagire una soluzione nel prossimo futuro. I paesi di destinazione in Occidente non sembrano avere la volontà politica e l’impegno a lungo termine di trovare soluzioni più durature rispetto a quelle rappresentate dalle politiche di reclutamento dai paesi poveri adottate finora. Sono anche meno propensi a contribuire al rafforzamento delle infrastrutture nei paesi in via di sviluppo per mitigare l’impatto negativo provocato dall’esodo degli infermieri sulla qualità della sanità pubblica nei loro paesi di origine.

Vanno quindi attivate strategie anche a lungo termine per affrontare seriamente il fenomeno della ‘fuga degli infermieri’, che vadano oltre la competizione che si è scatenata sul mercato globale per esportare infermieri e altri professionisti sanitari nei paesi occidentali.

bibliografia

1. Mille infermieri all’anno da tutti i continenti per gli ospedali cattolici italiani. Aris, Uneba e Cei presentano “Samaritanus care”. Quotidiano Sanità 2024. https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=122247.

2. Sibani F. L’Africa resta senza lavoratori qualificati. Internazionale 2022. https://www.internazionale.it/notizie/francesca-sibani/2022/12/29/africa-lavoratori-qualificati.

3. Infermieri dall’India per ridurre la carenza in Italia, Schillaci: “Abbiamo chiuso un accordo”. Il Fatto Quotidiano 2023. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/15/infermieri-dallindia-per-ridurre-la-carenza-in-italia-schillaci-abbiamo-chiuso-un-accordo/7293577/.

4. Lombardia. Bertolaso: “3mila infermieri e 500 medici sudamericani interessati a lavorare”. Quotidiano Sanità 2024. https://www.quotidianosanita.it/lombardia/articolo.php?articolo_id=121739.

5. Covid, burnout and low pay: the global crisis in nursing. Financial Times 2022. https://www.ft.com/content/402df6ca-5098-40ca-9cc8-bae331c39398.

6. Farge E. Exodus of healthcare workers from poor countries worsening, WHO says. https://www.reuters.com/business/healthcare-pharmaceuticals/exodus-healthcare-workers-poor-countries-worsening-who-says-2023-03-14/.

7. WHO. Bilateral agreement on health workers migration and mobility. Maximizing health system benefits and safeguarding health workforce rights and welfare through fair and ethical international recruitment. 2024. https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/376280/9789240073050-eng.pdf?sequence=1.