È possibile, o addirittura obbligatorio, confrontarsi con l’indicibile?

Gianni Tognoni

Segretario del Tribunale Permanente dei Popoli, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Roma

Per corrispondenza: Gianni Tognoni, giantogn@gmail.com

Summary. Is it possible, or even mandatory, to confront the unspeakable? The scenes of ferocious destruction of the lives of the Palestinian people have been the dominant protagonists of the international scenario for more than one year without any credible sign of a concrete solution. The world has been the powerless and connivent spectator of what is widely recognised as an exemplary genocide. What has been documented as violation of even the most fundamental human rights has made the repetitive formal condemnations an apparently useless exercise, in front of evidences which defy any definition. What is happening is unspeakable because if coincides with the cancellation of our human society. The only sign of resistance and dignity are the massive protests which are often violently repressed, even in the University campuses. We have included this reflection into the section dedicated to methodology, to underline that for all those working in the field of health (who have also been one of the preferred targets of the genocidal process), the people of Palestine together with all countries and human groups expelled from their rights to life must become the urgent, mandatory, global reminder of the fact that the priorities and the advances in knowledge are made senseless if peace, in all its expressions, continues to be a forbidden word.

Key words. Violation of human rights, Palestinian people, health professional.

premessa

La domanda che dà il titolo a questo contributo, che vuole essere rigorosamente metodologico, può sembrare decisamente strana per una rubrica mirata alla scelta e alla appropriatezza degli strumenti (metodi, linguaggi, strategie, criteri di interpretazione…) con i quali una professione produce e utilizza conoscenze utili a comprendere e rispondere a problemi ben definiti e contestualizzati. Quanto si è venuto sviluppando nel mondo, ormai da troppo tempo, in scenari che rimandano agli orrori di guerra che stanno all’origine della moderna professione infermieristica,1-3 e agli immaginari di fondo delle scienze della vita, renderebbe tuttavia ancor più strano il non-porsi la domanda. Aggiungere al titolo: ‘Gaza, ma non solo’, la renderebbe, forse, meno strana: ‘sì certo, Gaza, so, seguo…, ma che c’entra la metodologia con la ‘indicibilita’? Delle cose sempre più terribili dello scenario medio-orientale se ne parla un po’ dappertutto… E poi c’è anche l’Ucraina… etc…’.

ipotesi di lavoro

Quanto successo, e sta succedendo, a partire da Gaza, per diventare routine in Cisgiordania (… e in Libano…),4 è un esperimento tragico che cambia le regole stesse della civiltà: non per nulla il premio Nobel della pace, un giapponese rappresentante dei sopravvissuti di Hiroshima, evento concreto-simbolico di un cambio di civiltà, ha ‘visto’ il sangue dei bambini di Gaza come la continuità di ‘quei’ bambini; e la premio Nobel per la letteratura – che è forse l’espressione più sintetica del concetto di civiltà – ha detto di non poter fare un’intervista di celebrazione mentre era in corso, e in espansione, in piena evidenza e in totale impunità, un genocidio. Perché questo termine non è solo l’espressione più acuta di una civiltà che ha ridato cittadinanza e priorità assoluta alla guerra, facendo della pace una parola proibita, una utopia come non-luogo, invece che un orizzonte: è la cancellazione dell’alfabeto stesso del diritto inviolabile a trasmettere vita.

l’epidemiologia dell’indicibile

Quanto è accaduto, giorno dopo giorno, contro il popolo palestinese, e continua, è una operazione anzitutto culturale e mediatica, che ha radici antiche: quelle che hanno portato a trasformare la conquista-distruzione delle civiltà del continente americano in una scoperta di civilizzazione e un regalo di cristianizzazione; a raccontare le indicibili (per numero e quantità) sofferenze, torture, genocidi della colonizzazione-schiavitù in Africa in tappe della modernità; a celebrare la cancellazione degli indiani d’America in una mitica conquista del West… In queste vicende tutto era permesso, perché giustificato a priori, dalla potenza di una narrazione: bastava dare agli ‘altri’ nomi diversi – non-umani era il minimo comune denominatore, quello più semplice, tranquillizzante; nemici sarebbe stato un riconoscimento importante: qualcuno con cui combattere ad armi pari, con diritti, per quanto minimi. Il linguaggio ufficiale del governo di Israele ha riprodotto alla perfezione questo processo di trasformazione anzitutto di immaginario e di denominazione, che era stato applicato al popolo ebraico della diaspora dal nazismo in Europa: i palestinesi sono ‘animali umani’, senza terra e senza storia, salvo l’attacco, a tutt’oggi denso di incognite, del 7 ottobre 2023. La narrazione della difesa sproporzionata si traduceva nel silenzio connivente degli Stati di fronte all’indicibile di una guerra-senza-regole che veniva trasmessa mediaticamente eliminando qualsiasi informazione indipendente e facendo dei giornalisti un target privilegiato: una strategia di sterminio dovuta, inevitabile, parte di una fase della storia.

L’indicibile diventava così ‘banale’ epidemiologia quantitativa: tanti morti, prevalentemente donne e bambini; centinaia di uccisi o mutilati per ogni israeliano. La letteratura è stata invasa da statistiche che riuscivano a suscitare attenzione solo se c’era qualcosa di troppo per la sensibilità dei lettori-spettatori: neonati prematuri tolti dal respiratore, ospedali trasformati in fosse comuni… D’altra parte tutto si poteva seguire in tempo reale: si poteva anzi discutere sulla affidabilità e comparabilità delle diverse fonti. I dati che si riproducono in questa sede, scelti perché sono tra gli ultimi a essere entrati nella cronaca, toccano uno dei capitoli più simbolici della rottura della civiltà, almeno delle regole (Figure 1 e 2).5 Sono un pro-memoria di come gli operatori stessi della sanità sono stati trasformati in vittime, e le strutture sanitarie in bersagli privilegiati.







La trasformazione dell’indicibile in normale cronaca di guerra ha avuto tante altre possibilità di esprimersi: la programmazione strutturale della fame, della sete, della chirurgia senza anestesia… la cancellazione di ogni dignità del vivere e del morire… l’essere rinviati in luoghi dichiarati sicuri, per essere poi bombardati, o uccisi da cecchini addestrati a colpire tutto ciò che si muoveva… un tempo infinito senza futuro da immaginare…

promemoria metodologico

Abbiamo vissuto, e continuiamo a convivere, qui, a poche ore di volo, con tutti gli strumenti della nostra cultura-civiltà, una realtà talmente orrenda da essere indicibile. È importante che il significato profondo di quanto si è visto, evidente al di là di ogni dubbio, sia stato sempre più riconosciuto e raccontato anche da rappresentanti di quella cultura-civiltà ebraica che non ha nulla a che fare con il ruolo che il governo di Israele, con la assoluta e ‘indicibile’ connivenza degli USA anzitutto, e di altri paesi (con il governo italiano schierato senza dubbi…), continua a esercitare su fronti sempre più allargati. Nei termini lucidi di Anna Foa, lo Stato di Israele, con la ‘indicibilità’ della sua politica verso il popolo palestinese (non importa come la si chiami, nei termini ormai ben riconosciuti come genocidio anche dal diritto internazionale e dalla maggioranza dei paesi ONU), si è suicidato:6 si è confermato, tragicamente, il giudizio negativo sui rischi della costituzione dello Stato di Israele, dato, in tempi immediatamente successivi alla Shoah, da Einstein, Arendt, Primo Levi, e molti altri, che mai avevano accettato di esservi invitati.

Nel piccolo di una riflessione metodologica su una rivista che pensa alla professione infermieristica come una realtà obbligata a essere in permanente ricerca di senso e di ruolo, in quanto strutturalmente collegata alla cura della vita, è tempo ora di provare a rispondere alla domanda ‘strana’ da cui si è partiti.

La indicibilità è una componente normale della civiltà in cui un mondo sempre più connesso sta trasformandosi. In posti (lontani e vicini quanto i territori che Israele sta accanitamente facendo invivibili) come il Sudan, o Myanmar, le sofferenze dei popoli che li abitano hanno la stessa indicibilità, che si coniuga in termini anche di invisibilità, di quanto succede al popolo palestinese. La negazione dell’accesso al cibo, all’acqua, alle medicine salvavita e per il dolore, da parte di un mercato che si confronta, misura, giustifica la propria esistenza includendo solo gli umani in grado di essere ‘clienti-paganti’ è una strategia diffusa, che la epidemiologia globale conosce e quantifica bene in termini descrittivi, più o meno geo-localizzati, avendo come protagonisti privilegiati bambini7 come quelli di Gaza. La metodologia che caratterizza questi scenari diffusi di guerre non dichiarate ha regole ferree: le vittime possono essere considerate solo come effetti indesiderati, inevitabili: di cui nessuno è accountable a nessuno. Sono umani perché registrati (più o meno accuratamente) come nati da donna, ma non come soggetti di diritti inviolabili: il loro vivere o meno, con più o meno dignità, è affidato alle guerre che incontreranno: la povertà-diseguaglianza che si ostina (proprio come i terroristi…) a non scomparire; le supply chains del cibo e dell’acqua che pretendono di essere un bene comune, inclusivo, invece che settori trainanti di mercati competitivi, e perciò escludenti; per non parlare di ambiente, violenza, mancanza di educazione, non accessibilità a diagnosi-terapie…

Con numeri e forme chiaramente diverse, la indicibilità non è confinata nei paesi più sfortunati. La sua presenza, più o meno grande, è un indicatore universale del grado di civiltà di ogni società, e deve essere misurata con metodologie appropriate. Come in ogni progetto che tocca gli umani, come individui o collettività, tutto si decide a partire dai nomi che si danno ai bisogni e ai titolari di diritti. Se la salute risponde agli artt. 3-32 della Costituzione, diventa indicibile ammalarsi-morire di diseguaglianza, perché il bilancio della sanità è lasciato alla contesa tra gli interessi privati del mercato delle armi e della economia dei servizi. Come operatori della sanità, e auspicabilmente d’accordo con la salute come diritto esemplare, anche se non sufficiente, della dignità umana, rendere visibile, evitabile, adottabile la indicibilità del soffrire delle persone può essere un modo di essere operatori di pace in un mondo che considera le tante Gaza uno dei normali componenti della cronaca globale.

bibliografia

1. Redazione, a cura della. Prendersi cura della Terra. Buon 200esimo compleanno a Florence Nightingale. Assist Inferm Ric 2019;38:162-4.

2. Cardillo A, Pancheri ML, La Torre A. La partecipazione delle infermiere italiane alla guerra civile spagnola (1936-1939): identità, ideali, motivazioni. Assist Inferm Ric 2019;38:15-22.

3. FNOPI. “L’arte bella”. In scena la sfida dell’assistenza infermieristica. 2021 https://www.fnopi.it/2021/11/23/florence-nightingale-teatro/.

4. Human Rights Watch. Israel’s crimes against humanity in Gaza. https://www.hrw.org/news/2024/11/14/israels-crimes-against-humanity-gaza.

5. Healthcare Workers Watch. The killing, detention and torture of healthcare workers in Gaza. https://healthcareworkerswatch.org/publications/reports/the-killing-detention-and-torture-of-healthcare-workers-in-gaza/.

6. Foa A. Il suicidio di Israele. Bari: Laterza editore; 2024.

7. Bonati M. Il cronico trauma della guerra. Donne e bambini le prime vittime. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2024.