Un’occasione per aggiornare l’Organizzazione Mondiale della Sanità

Maurizio Bonati

Direttore Ricerca&Pratica
Già Responsabile Dipartimento di Salute Pubblica, IRCCS Mario Negri, Milano

Per corrispondenza: Maurizio Bonati, maurizio.bonati@ricercaepratica.it

Summary. Trump’s decision to stop funding the World Health Organisation is an opportunity to make a critical analysis of the role of the WHO and its organisation. A structural reorganisation cannot but pass through the exchange and sharing of scientific knowledge. The network of Collaborating Centres in universities, hospitals, research institutes and laboratories, active in supporting the WHO should be updated, and made more efficient. The need for structural reform is not only of the WHO, but of many international Agencies including the United Nations Organisation.

Key words. WHO, Fundings, re-organization, collaboration.

Il 29 maggio 2020, il presidente Donald Trump annunciò il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il reindirizzamento dei fondi verso le priorità sanitarie globali del Paese. A giustificazione del provvedimento, la cattiva gestione da parte dell’OMS della pandemia di Covid-19, la mancanza di azioni tempestive in altre crisi sanitarie globali e la insufficiente indipendenza dalla politica degli Stati membri con maggior potere decisionale nell’OMS. Joe Biden, succedendo a Trump, ‘ritirò’ il ritiro di Trump.

Il 20 gennaio 2025, all’atto del suo nuovo insediamento, Trump ha confermato il ritiro dall’OMS, ribadendo le stesse motivazioni del 2020 e aggiungendo critiche sui costi elevati richiesti all’amministrazione statunitense dall’OMS.1

L’OMS, secondo la sua Costituzione, ha come obiettivo “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. L’Organizzazione conta 194 Stati membri di tutto il mondo divisi in sei regioni (Europa, Americhe, Africa, Mediterraneo Orientale, Pacifico Occidentale e Sud-Est Asiatico). L’Italia ha aderito ufficialmente all’OMS l’11 aprile 1947. Il Ministero della Salute cura i rapporti con l’OMS collaborando alle sue attività, partecipando agli Organi di governo e attuando le relative convenzioni e programmi sanitari internazionali.2 Per perseguire la propria missione, l’OMS si concentra su due azioni principali: stilare e aggiornare specifiche e appropriate raccomandazioni/indicazioni/linee guida; mettere in atto e favorire azioni anche accompagnando gli Stati membri alla loro attuazione. Tuttavia, i mutamenti nella situazione politica internazionale e i miglioramenti economici e sociali raggiunti in numerosi Paesi negli ultimi decenni hanno creato condizioni di maggior benessere per molte popolazioni, ma anche intensificato le disuguaglianze. Ciò rende necessaria una revisione non dei princìpi fondamentali dell’OMS, ma dei processi di attuazione e del modello di governance.

Finora, nove direttori generali si sono alternati, con incarichi tecnici e amministrativi, scelti dal Consiglio esecutivo dell’OMS. Nessuno di loro è stato americano. Il primo fu il medico militare canadese Brock Chisholm (1948-1953), che nel 1948 fondò la Federazione mondiale per la salute mentale e scrisse il saggio innovativo Can people learn to learn?,3 in cui criticava i tabù locali, nazionali, religiosi e genitoriali imposti dalla lingua, dalla cultura e dalle istituzioni politiche, descrivendo realtà locali di Paesi orientali e occidentali. La sua visione internazionale e il suo approccio progressista lo resero la persona ideale per guidare l’OMS nei primi anni. Un altro direttore generale che ha incarnato pienamente la missione dell’OMS è stato il danese Halfdan Mahler (1973-1988), promotore dell’iniziativa ‘Salute per tutti entro il 2000’, lanciata nel 1976 ad Alma-Ata con la partecipazione di 134 nazioni, che si impegnarono a implementare il suo programma incentrato sull’istruzione, sulla promozione di una corretta alimentazione, sulla fornitura di acqua potabile e servizi igienici di base, sull’assistenza sanitaria materna e infantile, sulle vaccinazioni e sull’accesso ai farmaci essenziali.4

Delle due direttrici generali può essere ricordata la norvegese Gro Harlem Brundtland (1998-2003), nota per aver introdotto la Convenzione sul tabacco e per aver tracciato le prime linee guida sul legame tra sviluppo sostenibile e salute.

Per decenni, l’OMS ha rappresentato un modello di cooperazione internazionale, coordinando le risposte alle epidemie, promuovendo lo scambio scientifico, stabilendo norme e fornendo un’inestimabile assistenza tecnica. Tuttavia, da anni l’OMS si trova di fronte a difficoltà economiche e il ritiro degli Stati Uniti aggraverà ulteriormente la situazione. Alcune delle misure adottate (allineamento strategico delle risorse con le attività; congelamento delle assunzioni; riduzione delle spese di viaggio; rinegoziazione dei contratti di appalto e riduzione degli investimenti di capitale)5 potranno correggere in parte il bilancio di esercizio. Tuttavia, è necessaria un’azione politica ed economica più incisiva da parte degli Stati membri, che includa una ridefinizione delle priorità, maggiore trasparenza e un rafforzamento della partecipazione, per garantire il diritto universale alla salute.

Le critiche alla gestione dei costi dell’OMS non sono una novità e tendono a ripresentarsi ciclicamente, con intensità variabile a seconda della convergenza politica tra gli Stati membri, che, tramite il Consiglio esecutivo, nominano il Direttore generale. Uno dei momenti di maggiore contestazione si verificò nel 2010, in occasione della presentazione del Rapporto economico sulla finanziabilità dei sistemi sanitari (Executive Summary: Health System Financing), sotto la direzione della cinese Margaret Chan (2007-2013), che si trovò a gestire, tra forti polemiche e rivelando una certa difficoltà nel trarre insegnamenti dalle crisi sanitarie precedenti, l’epidemia di influenza suina da virus A H1N1, scoppiata in Messico nel 2009. Il rapporto affermava che tra il 20% e il 40% delle risorse spese per la salute a livello mondiale venivano sprecate e che, se reindirizzate, avrebbero potuto contribuire al raggiungimento della copertura sanitaria universale.6 Le critiche erano indirizzate non solo ai singoli Paesi, ma anche alla gestione dell’OMS. L’OMS riceve i suoi finanziamenti da due fonti:

1. gli Stati membri che versano i loro contributi stabiliti (le quote associative dei Paesi sono una percentuale del prodotto interno lordo concordata ogni due anni dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite); nel periodo 2022-2023, questi contributi hanno coperto solo il 12% del bilancio totale;

2. i contributi volontari, provenienti da Stati, organizzazioni delle Nazioni Unite, organizzazioni intergovernative, fondazioni filantropiche e dal settore privato, che rappresentano l’81% del finanziamento totale. Il restante 7% proviene da altre fonti.7 Gli Stati Uniti sono il maggiore donatore volontario, con poco più di 1 miliardo di dollari versati (15,6% del bilancio totale dell’OMS), seguiti da: Fondazione Melinda e Bill Gates (12,7%), Germania (11,1%), Alleanza GAVI (7,4%), Commissione Europea (7,2%), Rotary Internazionale (2,7%) e Canada (2,7%). La Cina contribuisce con lo 0,6%, mentre l’Italia con lo 0,1%. Il budget complessivo dell’OMS nel biennio 2022-2023 è stato di 6.833 milioni di dollari.

Il quadro attuale evidenzia una forte dipendenza dell’OMS dai contributi volontari e vincolati, creando una situazione in cui i principali donatori dettano l’agenda e le priorità dell’Organizzazione, assumendo così un ruolo determinante nella salute globale.

I tentativi di riforma dell’OMS, avviati due decenni fa, con l’obiettivo di renderla un’organizzazione più snella, efficace, reattiva, trasparente e responsabile, impegnata a migliorare i risultati sanitari, sviluppando una capacità e una cultura per essere in grado di rispondere alle nuove emergenze sanitarie globali con sufficiente rapidità, agilità e appropriatezza, purtroppo sono risultati a tutt’oggi inefficaci.8 Nel maggio 2024, all’Assemblea generale è stata presentata “la più ambiziosa agenda di riforma nella storia dell’OMS”,9 ma le condizioni che si prospettano non sono incoraggianti.

L’uscita degli Stati Uniti dall’OMS avrà ripercussioni economiche significative su un’organizzazione già in difficoltà e non contribuirà a “rendere l’America di nuovo sana” (Make America Healthy Again). Al contrario, rischia di compromettere anche la salute della popolazione statunitense e gli interessi nazionali del Paese.10

Ma per cambiare servono risorse umane (esperte) ed economiche (adeguate). Per colmare il vuoto di finanziamenti e leadership determinato dall’abbandono statunitense servirebbe un’Unione Europea forte, coesa e volitiva, cosa che purtroppo non è. La già fragile unità tra gli Stati europei sarà minacciata dalla relazione face to face che l’Amministrazione americana instaurerà con i singoli Paesi. È irrealistico pensare che i principali Stati membri donatori, e in particolare quelli europei (l’Unione Europea, la Francia, la Germania e il Regno Unito), aumentino il loro contributo, anche in considerazione delle attuali situazioni politiche interne. Così come è irrealistico (e pericoloso in mancanza di una solida public health governance) che siano le organizzazioni filantropiche e gli individui facoltosi a colmare le lacune nei finanziamenti, e che lo facciano in modo disinteressato. Alcune nazioni BRICS (per esempio, Brasile, Cina, India e Sudafrica) potrebbero incrementare il loro sostegno all’OMS, soprattutto con sovvenzioni non vincolate, a fronte di un maggior spazio decisionale nelle attività dell’Organizzazione. Anche gli Stati del Golfo, dotati di enormi risorse finanziarie e di un forte interesse per la sicurezza sanitaria e politica del Medio Oriente, potrebbero rafforzare il loro impegno per sostenere l’OMS e la sicurezza sanitaria globale. Il sostegno attivo all’OMS potrebbe non limitarsi solo a un incremento dei finanziamenti, ma anche tradursi nella messa a disposizione di personale esperto da parte degli Stati membri. Tuttavia, affinché ciò avvenga in modo efficace, sarebbe necessario superare le logiche clientelari e di appartenenza politica che spesso hanno caratterizzato tali nomine.

Ma una riorganizzazione strutturale non può prescindere dallo scambio e dalla condivisione delle conoscenze scientifiche. La rete costituita dai Centri collaborativi in università, ospedali, istituti di ricerca e laboratori attivi nel supportare l’OMS dovrebbe essere aggiornata, riformulata e resa più efficiente. Scambio e condivisione delle conoscenze scientifiche devono essere prodotte, intensificate e mantenute per la comunità globale, garantendo un’informazione adeguata, appropriata e condivisa dalla comunità scientifica internazionale, con l’OMS nel ruolo di garante. Questo è essenziale per contrastare la disinformazione e lo scetticismo scientifico.

Tuttavia, questa rimane una prospettiva difficile da realizzare, perché la necessità di una riforma strutturale non riguarda solo l’OMS, ma molte (tutte?) Agenzie internazionali, a partire dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Servirebbero lungimiranza, volontà e generosità: qualità che, purtroppo, spesso faticano a trovare spazio nella politica, anche a livello internazionale. Il futuro dell’OMS, ma non solo il suo, dipenderà dalla capacità di superare questi limiti.

bibliografia

1. Ruotolo GM. US and WHO. President Biden and the restoration of ties with the World Health Organization: a new level of confidence? DPCE Online 2023;139-48. https://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/view/1772/1775.

2. Ministero della Salute. Rapporti internazionali. Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS. https://www.salute.gov.it/portale/rapportiInternazionali/menuContenutoRapportiInternazionali.jsp?lingua=italiano&area=rapporti&menu=mondiale.

3. Chisholm B. Can people learn to learn? How to know eachother. New York: Harper & Brothers; 1958.

4. World Health Organization. Global strategy for health for all by the year 2000. https://www.who.int/publications/i/item/9241800038.

5. World Health Organization. WHO Director-General’s opening remarks at the 156th session of the Executive Board – 3 February 2025. https://www.who.int/director-general/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-156th-session-of-the-executive-board-3-february-2025.

6. World Health Organization. The world health report: health systems financing: the path to universal coverage. https://iris.who.int/handle/10665/44371.

7. World Health Organization. How WHO is funded. https://www.who.int/about/funding.

8. Reddy S, Mazhar S, Lencucha R. The financial sustainability of the World Health Organization and the political economy of global health governance: a review of funding proposals. Global Health 2018;14:119.

9. World Health Organization. A global health strategy for 2025-2028. Fourteenth General Programme of Work. https://www.who.int/about/general-programme-of-work/fourteenth.

10. Buse K, Gostin L, Kamarulzaman A, McKee M. The US withdrawal from the WHO: a global health crisis in the making. BMJ 2025;388:r116.