Anniversari: di AIR, ma non solo

Gianni Tognoni
Direttore del Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Chieti)

Summary. Anniversaries: Assistenza Infermieristica e Ricerca, but not only. The 30th anniversary of Assistenza Infermieristica e Ricerca is the occasion for a reflection on the past and future of a journal whose aim is to publish but, above all, to promote research in/on nursing care, stimulating confrontations, trying to describe and to find answers to unmet needs.


Il quadro di riferimento sintetizzato nel titolo è definito da due proposte di cui forse non è immediata la connessione, almeno ad una prima lettura. La prima (pag. 164) è l’annuncio di un anniversario, ormai alle porte: la “nostra” rivista si avvia a compiere 30 anni, e propone di fare di questa scadenza un momento non banale di memoria e di futuro, con un programma che si vorrebbe fosse un appuntamento che interessa tutte/i.
La seconda proposta è rappresentata da un anniversario molto diverso (V. riquadro): quello della pubblicazione di una nota – dal titolo provocatorio, rispetto ad uno dei paradigmi consolidati della medicina, la libertà medica – di cui solo chi scrive può (per ragioni di età) avere memoria. Perché è attuale un evento tanto semplice come la pubblicazione di una nota che nella sua brevità ha rappresentato un passaggio culturale importante nella storia recente della sanità? e perché una sua possibile pertinenza per il mondo infermieristico nell’anniversario di AIR? una prima risposta è data dai testimoni-protagonisti (anch’esso “vecchi” ormai!) di quel momento. Gli appunti che seguono provano ad estendere ad un compleanno come quello di AIR riflessioni sulla fine della libertà clinica.

1. Gli “anniversari” sono un po’ come i compleanni: suggeriscono il succedersi inevitabilmente regolare (e perciò, viene da pensare, anche lineare) di qualcosa che cresce o matura o si sviluppa: ma può anche coincidere con l’allontanarsi da un tempo-inizio; è occasione per festeggiare, ma anche per fare i bilanci: per ricordare le cose che fanno della storia che si ricorda, o si celebra, una memoria positiva, o negativa, o… . Anniversari-compleanni evocano una storia che in qualche modo (può? deve?) sembra dover corrispondere ad un protocollo-programma.
2. I testimoni-partecipanti al dibattito riassunto nel riquadro sembrano confermare questa impressione di ricordare per tirare le fila di una valutazione: i pareri sono diversi ma non importa. Si riconosce che è bene ricordare, perché è il modo migliore, magari proprio per la diversità delle valutazioni, di riconoscere l’importanza dell’evento da cui si è partiti e di ritrovarne tracce, implicazioni, evoluzioni importanti nella trama dei fatti che si sono succeduti. È un primo augurio – riconoscimento per AIR: è stato un cammino – ed alcuni indizi dicono che lo è sempre più: addirittura con la acquisizione di un mini-status di “quotazione scientifica” con IF.
3. La storia tuttavia– come e più della vita – non è compatibile con compleanni-anniversari che siano sotto il segno della linearità. I cambiamenti – per lo più inattesi, o certo non previsti, né prevedibili – sono l’unica certezza. E le valutazioni non si possono fare dal di fuori, come se ci fossero spettatori, o esperti di audit che pretendono di essere esperti-garanti di oggettività, perché si pongono fuori dal gioco e scelgono variabili travestite di oggettività procedurale. Le sperimentazioni di un’idea, o di una ipotesi che tocca a modi di pensare, guardare, vivere la vita, non hanno nulla a che vedere con quelle che producono le evidenze necessarie a registrare un prodotto (che sia un farmaco, o un dispositivo, o una mansione). Compleanni-anniversari di una idea-ipotesi che aveva – e continua inevitabilmente ad avere – a che fare con il ruolo della libertà sono legittimi e sono coerenti con ciò di cui si fa memoria, solo se sono in continuità con quell’idea-ipotesi: non per confermarla nel suo senso letterale, ma per quello che era: una rottura di legami, abitudini, rigidità di regole per creare-espandere la libertà-diversità di uno spazio.
4. Fondare una rivista, non come un esercizio accademico che guarda alla professione, ma come uno dei modi per fare della professione una pratica di ricerca, è come lanciare un’ipotesi che ha senso finché continua ad essere quella originale: essere convinte/i che nella storia-vita le certezze su quello che si è e si sa possono essere garantite solo se si esplicitano – si rendono più libere, visibili, prioritarie – le incertezze ed i non-so che stanno davanti. E la condizione indispensabile perché ciò avvenga è quella di fare questo esercizio in pubblico, come una sperimentazione collettiva e permanente di linguaggi, di sguardi, di reti, che accettano e chiedono di confrontarsi.
5. Nella storia – come nella vita – non si è mai sperimentatori individuali, separati, protetti: si è, allo stesso tempo, ricercatori che domandano, e che sono tempestati di domande; o che sperimentano e sono oggetto di sperimentazioni. La legittimità delle risposte che si danno è garantita dalla capacità di riconoscere la parzialità attraverso i confronti, e di provare a cercare risposte a bisogni ancora inevasi.
6. La genialità provocatoria di quella piccola nota – così ben racchiusa nel suo titolo – non è, quella di affermare una verità-per-sempre, ma quella di ricordare alla medicina che la sua legittimità non è quella di affermare la propria libertà, ma quella – molto più provocatoria, e un po’ più vicina alla verità – di riconoscersi come area non-protetta né separata rispetto alle permanenti, e spesso molto più profonde, sperimentazioni-domande che non cessano di venire dal mondo e dalle società che stanno intorno: alleati o nemici, certo diversi, ed in permanente, contraddittorio, cambiamento.
7. Non c’è certo bisogno di sottolineare quanto il mondo è “altro” rispetto a 30 anni fa. L’augurio più bello che si può fare, per prepararsi alla “celebrazione” del marzo 2012, è quella di ritrovare – ri-inventata nelle forme, nei contenuti, negli strumenti – la stessa voglia di sguardo libero, disincantato – con più coraggio forse dei colleghi non-infermieri che ci parlano dal Riquadro – che aveva portato a fondare la rivista.
Le evidenze, nel nursing come nella medicina, sono la condizione per avere la libertà di andare avanti, coerenti con le regole ed i diritti della vita che si vive; è l’unico modo per fare-avere una memoria capace di vivere ogni presente ed ogni futuro come fedeltà ai nuovi bisogni, liberi dalle obbedienze a tutto ciò che pretende di dichiarare prioritarie le “evidenze” delle cose (economia, risorse, mansioni…) rispetto alle evidenze dei diritti non ancora rispettati.

BIBLIOGRAFIA

1. Hampton JR. The end of clinical freedom. Int J Epidemiol 2011; 40: 848-9.
2. Hampton J. Commentary: the need for clinical freedom. Int J Epidemiol 2011; 40: 849-52.
3. Parker M. Commentary: the clinical freedom worth having-commentary on Hampton (1983). Int J Epidemiol 2011; 40: 853-5.
4. Schwalm JD, Yusuf S. Commentary: ‘The end of clinical freedom’: relevance in the era of evidence-based medicine. Int J Epidemiol 2011; 40: 855-8.
5. Rawlins MD. Commentary: the death of clinical freedom. Int J Epidemiol 2011; 40: 859-61.
6. Maynard A. Commentary: Clinical freedom is dead and no one need regret its passing. Int J Epidemiol 2011; 40: 858-9.