Perché un invito all’oncologia?

Gianni Tognoni
Direttore Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Chieti)
Per corrispondenza: Gianni Tognoni, tognoni@negrisud.it


L’argomento dominante di questo numero – dal punto di vista dei contenuti e delle implicazioni che sarebbe interessante ne derivassero – è il dossier dedicato ad un aggiornamento su quanto c’è di nuovo (o meno nuovo) in terapia oncologica (pp.99-115). Si è pensato di sottolinearne il significato con qualche nota editoriale, perché si tratta senz’altro di un materiale “atipico” per una rivista come AIR per varie ragioni: è tutto centrato sui criteri di valutazione e scelta di trattamenti, caratteristiche entrambe che non appartengono a prima vista a competenze, responsabilità infermieristiche; ha una componente specialistica importante; dà tante informazioni, ma non assomiglia a nessuna linea guida; è scritto in modo chiaro, ma richiede decisamente un impegno serio per leggerlo…

I punti in cui si articola questa proposta di riflessione provano a trasformare le atipicità in un motivo in più per fare del dossier un’esplorazione curiosa, e attenta.

1. L’oncologia – ed in modo specifico il suo sviluppo attuale verso una trasformazione per una personalizzazione strettamente genetico–molecolare delle decisioni diagnostico-terapeutiche – rappresenta un’area obbligata di confronto per comprendere la logica ed il ruolo che hanno oggi – dentro e fuori la sanità:
• la ricerca biomedica più avanzata;
• i processi decisionali che toccano il chi e come è responsabile delle scelte sul quanto e sulla qualità della vita;
• i rapporti tra livelli essenziali di assistenza e costi sostenibili;
• i rapporti tra la terminologia e la logica scientifica ed il linguaggio e la logica dell’immaginario delle persone e della società.

2. Per favorire l’esplorazione di questi incroci, i due autori propongono un percorso che è alla base del processo con cui si costruisce quella medicina dell’evidenza (EBM) su cui si è concentrata tanta attenzione negli ultimi anni: il materiale su cui si è invitati a lavorare attraverso la lettura sono i trial che via via vengono pubblicati nella letteratura più affidabile. L’uso del materiale è però, in un certo senso, capovolto rispetto alla logica tradizionale: non si mira a priori a produrre una evidenza cumulativa come nelle metanalisi: si chiede di prendere sul serio il fatto che la conoscenza è un processo per approssimazioni, non lineare, che mira non a creare consenso-obbedienza, ma a stimolare-mantenere l’attenzione alla variabilità delle informazioni che vengono prodotte e che devono essere tenute presenti via via che evolvono.

3. La proposta è molto importante, metodologicamente e culturalmente: soprattutto per settori in rapida evoluzione, e che richiedono una attenzione molto differenziata ai problemi ed alle popolazioni con caratteristiche specifiche. L’oncologia non è più un’area omogenea, o un nemico da combattere-vincere: le storie delle persone-popolazioni con tumore sono profondamente diverse, soprattutto quando si presentano nelle loro fasi più critiche, nelle scelte delle terapie di seconda, terza, ultima linea (che sono l’area della ricerca più avanzata), quando gli obiettivi di sopravvivenza, e perciò di vita, hanno un peso quali-quantitativo che si gioca sui confini incerti tra le scelte affidate alla probabilità scientifica, e quelle che appartengono alla speranza, o alla sua perdita, dove l’immaginario e le storie personali sono protagoniste assolute.

4. Una alfabetizzazione a muoversi, con il massimo possibile della lucidità conoscitiva, ma anche del disincanto è un esercizio da praticare costantemente: gli esempi che si incrociano nel dossier abituano a muoversi tra le incertezze e le ambivalenze delle metodologie con le quali la medicina cerca di trovare risposte tra le novità reali, e quelle che si sono rivelate illusorie, tra la significatività statistica, ed il significato sostanziale (clinico, personale, di vita). I percorsi che si propongono non sono sempre semplici: nel dossier, le sezioni strettamente metodologiche lo ricordano, e cercano di fornire punti di riferimento che possano essere utili in modo più generale. È importante accettare la sfida di questo tipo di apprendimento, perché solo così si può progressivamente apprendere un linguaggio che non sia una barriera alla comunicazione con le/i pazienti, ma diventi un dialogo di condivisione dell’incertezza, qualcosa che invita ad esprimere i dubbi, le paure, le attese, le illusioni: sapendo che solo in questo modo si produce anche una cultura e delle pratiche di consenso informato che siano effettivamente una crescita nell’autonomia (intellettuale ed emotiva) e non nella passività nel prendere decisioni.

5. È facile sottrarsi a questo compito evocando un dato certo reale, ma non necessariamente dovuto: dicendo ad esempio che questo compito tocca ai medici, che sono i veri decisori. Ma è altrettanto certo che nella presa in carico dei pazienti tumorali quello che conta è anche il contesto più generale di dialogo e di gestione intelligente delle incertezze in cui il personale infermieristico può e deve giocare un ruolo importante: non solo all’interno delle equipe mediche curanti, ma anche come prolungamento del proprio ruolo nel rapporto con i familiari, e più in generale con la società.

6. Le tematiche di cui si parla nel dossier non appartengono di fatto solo all’oncologia: toccano tutte le aree dove si pone il problema della in-curabilità, e dei diritti dei pazienti a cercare le risposte anche là dove non ci sono, con veri e propri atti di fede, di disperazione, e di perdita di autonomia-dignità.
Il paese in cui viviamo ha nella sua memoria la vicenda madre delle cure Di Bella, rinnovata ed ulteriormente peggiorata dalla vicenda ancora in corso di Stamina, che continua a travolgere la credibilità e la dignità professionale ben al di là della classe medica, con un ruolo confondente incredibile di parte della magistratura.
Il dossier è un pro-memoria importante del fatto che la medicina tocca sempre più da vicino i diritti concreti delle persone, e più in generale la capacità della società di garantire una cittadinanza cosciente, e non affidata a chi è esperto soprattutto di manipolazioni comunicative.

7. Fa parte delle ipotesi che hanno suggerito alla redazione di AIR di rischiare questo dossier quella di pensare che la metodologia qui proposta per un aggiornamento sull’oncologia possa divenire uno stimolo ed una opportunità per sviluppare moduli formativi sempre più basati anche sulla messa in evidenza e la gestione di ciò-che-è-ancora-incerto, e non solo sulla riproposizione delle conoscenze dichiarate acquisite. L’utilizzazione delle fonti di informazioni e di conoscenze che sono ancora in progress, in fase di sviluppo e di controversia dovrebbe divenire una routine, a misura di ruoli sempre più adulti: tanto da rendere capaci anche di identificare-formulare aree e temi di ricerca, complementari a quella clinica.

8. C’è un collegamento stretto tra questo esercizio di equilibrio e di esplorazione tra evidenze quantitative e spazi lasciati aperti al qualitativo, con le recenti proposte di questa rivista sul ruolo infermieristico nella ricerca, che risponde ed integra le proposte di personalizzazione genetica-molecolare, con quelle delle narrazioni, individuali e collettive, in grado di far esprimere bisogni inevasi ed incapaci di tradursi in domande e scelte (v. sopra). È curioso di fatto che tutta la ricerca oncologica – che include anche (almeno nelle dichiarazioni di intenti) misure di qualità di vita tradotte in scale utili a produrre end-point surrogati al servizio della valutazione dei farmaci – sia così orfana di contributi originali di una ricerca infermieristica, che non sia ancillare di quella clinica, ma che si ponga dalla parte del vissuto, percepito, narrato dalle/dai pazienti.

9. Non c’è qui il tempo-spazio per riflettere anche sulla sproporzione tra le novità più o meno vere, ed il loro costo, che mette in discussione la sostenibilità stessa dei budget sanitari: con veri e propri sequestri di risorse che sarebbero dedicabili ad altri obiettivi e bisogni. Gli spunti suggeriti dal dossier non dovrebbero essere lasciati cadere: sono parte essenziale degli obiettivi di alfabetizzazione che sono stati menzionati ai punti precedenti.

10. Un ultimo spunto di riflessione, che non fa riferimento strettamente ai punti toccati dal dossier, ma è profondamente parte delle potenzialità, e delle realtà, di cura-ricerca del mondo infermieristico.
Le/i pazienti che si incrociano nei tanti trial del dossier sono spesso soggetti che vivono le loro scelte ultime. I trattamenti di confronto fanno spesso riferimento alle cure standard, o proprie dei singoli centri, quando non si sa che altro fare. L’epidemiologia – anche soprattutto infermieristica – su questi trattamenti – o meglio ancora: queste popolazioni – è molto povera, frammentata: sia in termini strettamente descrittivi, sia, ancor di più, avendo come obiettivo l’esplorazione di ciò che succede di fatto, in termini di star bene-star male alle/ai pazienti.
È un orizzonte vasto che si apre: nei trial, ma ancor di più nelle realtà assistenziali che vedono coinvolte popolazioni e variabilità infinitamente più grandi di contesti di cura. Come tutti i dossier che si rispettano – quelli che non vogliano consegnare a chi li legge-usa regole di comportamento cui obbedire, ma progetti di cui appassionarsi – anche questa potrebbe-vorrebbe essere una porta aperta verso territori che hanno bisogno di professioniste/i che siano certo curiose/i di muoversi tra novità più o meno medicalmente nuove, ma soprattutto generatrici di nuovi diritti.