“Hanno detto la verità al potere:
sono stati assassinati a sangue freddo”

Michel Forst,1 Gianni Tognoni2
1Rapporto delle Nazioni Unite sugli EHRD, Novembre 2016
2IRCCS Istituto Mario Negri, Milano
Per corrispondenza: Gianni Tognoni, gianni.tognoni@marionegri.it


Summary. They spoke truth to power and were murdered in cold blood. Since 2012 the Special Rapporteur submit an annual progress report, whith observations on communications to describe the situation in different fields of human rights defense. The report is dedicated to the heroes that put their life on the line to defend the right of their communities to live in a safe environment and to have a future in the dignity and respect of their values and traditions. They are exposed to any kind of attacks and violence, including murders, often in the silence and lack of interest of the international communities.


quadro di riferimento

Il titolo di questa nota, che può suonare strano (aggressivo? movimentista? militante? fuori moda?) è quello di un rapporto delle Nazioni Unite (firmato dall’esperto che ne è stato il relatore finale).
La durezza esplicita del linguaggio, – nel titolo stesso del rapporto di una Agenzia simbolo della neutralità della diplomazia, su una copertina complessivamente ancor più militante, in quanto porta la foto di una manifestazione contadina in memoria-protesta di una donna assassinata (la prima citata nel Riquadro1) – non può essere casuale.1 Il lungo sottotitolo ne fa una descrizione più fattuale: “Analisi della situazione dei difensori dei diritti umani a livello ambientale e raccomandazioni concrete per proteggerli”.
Il contesto è ora chiaro, e sono altrettanto immediate e complementari due domande:
a) quali sono i dati, i volti, i numeri, le informazioni che nel rapporto giustificano una titolazione tanto cruda?
b) perché tutto ciò può interessare una rivista professionale-di ricerca come Assistenza Infermieristica e Ricerca?





Una risposta dettagliata alla prima domanda è proposta nel Riquadro informativo generale, fatto solo di “citazioni letterali” della introduzione del rapporto, e nelle Tabelle. La risposta alla seconda domanda è da una parte semplice, dall’altra provocatoria, e viene proposta, per punti, come premessa, che vuole essere metodologica soprattutto, ma che necessariamente sconfina in quel campo tanto importante quanto indefinibile che tocca l’identità-deontologia professionale:
a) l’ambiente è entrato, per varie strade, nell’ambito degli interessi della rivista,2 spinto dalla sua crescente centralità anche in campo sanitario, al di là di quella più globale della sopravvivenza-cittadinanza;3-5
b) è cronaca di tutti i giorni la documentazione (tanto frequente ed intensa, da provocare “nausea” per sovraesposizione informativa) che l’ambiente è un crocevia di tutto quello che di “politica-economia criminale” si può immaginare (anche, e profondamente, in Italia);
c) rispetto a questa evidenza (molto più solida e consistente di tutte le EBM/EBN: e ancor più, più persuasiva) il comportamento quasi automatico (ed inevitabile?) è quello di essere-mantenersi spettatrici/ori;
d) il rapporto delle NU è centrato su sentinelle (le/i difensori dei diritti umani a livello ambientale, EHRD), che evocano un immaginario, e una realtà, che non è di attesa, ma presa di posizione rispetto alla ovvia probabilità che l’intrecciarsi di interessi criminali nella gestione dei luoghi del nostro vivere non sia innocua: è come trovarsi di fronte ad un rischio di vita, salute, dignità per le collettività;
e) forse da qui parte un’ipotesi di collegamento rispetto ad una domanda che tocca più da vicino chi è allo stesso tempo professionista e cittadino in un mondo dove tutti parlano del presente-futuro ambientale come l’orizzonte più urgente delle preoccupazioni.


“tu lucha serà nuestro ejemplo”

Completiamo la citazione della copertina del rapporto della NU con questa frase (che non ha bisogno di traduzione), che è rivolta a Bertha Cáceres (la donna assassinata, di cui perfino le cronache italiane sono riuscite a parlare per qualche giorno nel marzo 2016), e, in un certo senso, può essere pronunciata (la provocazione ricordata sopra?) anche da chi vuol andare avanti nella lettura.
L’acronimo EHRD è il riassunto del mondo in cui viviamo, e vive la sanità e chi ci lavora. C’è un legame strettissimo tra diritti umani (dei singoli e delle collettività), che coincidono con la definizione della dignità della vita, e sono imprescindibili, e la gestione dell’ambiente, che non è solo ecologia, ma è contesto e condizione di autonomia di vita. È di questa settimana il primo anniversario della firma degli accordi di Parigi sul clima ed il futuro del Pianeta, che definisce la sostenibilità del vivere sulla terra, di cui la sanità è un indicatore parziale, fortemente e sempre più diseguale, a livello globale e dei singoli paesi.
Sono tante, ma molto connesse, le variabili che giocano nel garantire agli umani che siamo noi, i diritti umani. La priorità e/o l’uso della terra per garantire cibo, abitazione, aree non inquinate; una gestione delle risorse non partecipata e imposta; uno sfruttamento di materie prime e di risorse naturali (dalle foreste, all’acqua, ai mari) compatibile con i diritti delle comunità, più o meno grandi che sono coinvolte; accesso alla gestione dei trasporti, dei territori, dell’energia in termini di servizi e beni comuni, e non come beni che producono ulteriori diseguaglianze al di là di quelle economiche. Per l’intreccio ed il controllo di queste caratteristiche variabili, l’ambiente – a livello globale, e nei diversi contesti – è divenuto luogo-strumento-espressione di una delle guerre economiche più diffuse, più ambigue, più redditizie, più difficili da autogovernarsi per la forza dei poteri transnazionali che sono in campo.
• Come in tutte le guerre, le regole del vivere civile – tra pari o almeno come cittadini che dialetticamente cercano la democrazia – sono sospese: nei fatti, al di là delle dichiarazioni di principi.
• Gli EHRD sono il pro-memoria vivo della illegittimità e della illegalità di fare dell’ambiente una miniera a cielo aperto, da sfruttare, considerando gli umani che vivono, raccontano, ricercano una loro vita nella dignità, un elemento di disturbo, da espellere o eliminare o marginalizzare o sfruttare, in quanto elementi che disturbano o rendono meno redditizie le catene produttive, di beni e di diseguaglianza crescente.
• Le verità (v. titolo di questa nota) di cui fanno memoria gli EHRD sono molto semplici e dirette: ricordano, nei modi più pacifici, ma udibili, visibili, con parole, gesti, alfabetizzazioni la gerarchia ovvia tra la vita degli esseri umani,e dei beni comuni, e la produzione, il commercio, lo sfruttamento delle cose. Per chi considera la guerra uno strumento lecito e necessario per garantire anzitutto interessi economico-industriali questi testimoni sono gli avversari più pericolosi. Chiamano le cose per nome: per ristabilire le gerarchie dei valori. Sono i nemici: tutte le misure repressive sono permesse, fino a (o spesso iniziando da) l’assassinio a sangue freddo. L’introduzione al rapporto (Riquadro 1), con il suo linguaggio, che non riesce a rimanere neutro e distaccato, dice chiaramente che la guerra è vera ed ha volti e nomi che raccontano la verità che si vuol negare.


per una epidemiologia minima

I numeri e le note della Tabella 1 danno un quadro sintetico di quanto succede, mettendone in evidenza i principali eventi-indicatori sentinella. Coloro che sono registrati come EHRD sono le punte degli iceberg  che per la gravità e la rappresentatività delle vittime non si riesce ad occultare. Nel mondo nostro ognuno di questi EHRD equivarrebbe ad una di quelle vittime, che, rappresentando incroci-scontri di valori e di visioni del mondo, hanno punteggiato (almeno da Piazza Fontana, 1969), la lunga stagione italiana dei terrorismi contrapposti influendo in modo determinante sui quadri di riferimento politici e culturali in cui viviamo.




È facile vedere come e quanto è stretta l’interazione tra gli attori e gli ambiti riassunti nell’apparente genericità dell’acronimo EHRD. Ci si trova di fatto all’incrocio di alcune delle politiche che sono più decisive nel determinare gli indicatori economici ufficiali dello sviluppo. È chiaro il ruolo protagonista e reciprocamente connivente in termini sia di omissione di doveri-attività di prevenzione-controllo, che come commissione attiva di atti-strategie di violenza dei grandi attori industriali transnazionali, delle Agenzie di finanziamento internazionali che dovrebbero regolare il rapporto sempre a rischio tra interessi pubblici e privati delle collettività umane a livello globale, dei singoli Stati (formalmente responsabili in prima ed ultima istanza della vita dei propri cittadini e della sovranità sull’ambiente). Il quadro che emerge dal rapporto (Tabella 2) può essere solo letto come diagnosi di un processo degenerativo grave, ancor più accentuato per gruppi umani e situazioni già a rischio generale più alto (Tabella 3), e per il quale i rimedi (Tabella 4) sono concettualmente ovvi, e “dovuti” con urgenza: non limitati ad interventi puntiformi, frammentati, per limitare-riparare danni, ma programmati-attuati come parte di strategie che agiscono sulle cause.
È altrettanto chiaro che gli intrecci ed i contesti di guerra sopra ricordati non permettono né giustificano prospettive né tantomeno prognosi ottimistiche.








sentinelle, testimoni, indicatori, eroi

Diceva B. Brecht, un poeta forse antico, per le nuove generazioni, o classico per gli esperti di teatro e letteratura, od obsoleto per tutte/i coloro che dall’ambiente alla sanità pensano di poter prescindere dalla storia: “sfortunato quel paese che ha bisogno di creare ed onorare eroi, per sapere-vedere su che strada camminare”.
La citazione è certo imprecisa nella sua formulazione. È forse però la chiave più sintetica di lettura dell’acronimo che sta al centro di questa riflessione. Gli EHRD dicono – con il loro esistere-agire così a rischio sui confini stessi del diritto alla vita – che le cose non vanno per niente bene, in questo paese-mondo che si definisce sempre più come globale, quasi che l’aggettivo altisonante fosse una garanzia di qualità. La loro storia – gridata in un rapporto dell’Agenzia globale delegata a garantire diritti – è a sua volta a rischio di essere una delle tante storie, per alcuni minuti-ore-occasioni: con echi di eroismo, ammirazione, commozione, per poi essere poi indicatori di indifferenza, cancellazione, con scuotimenti di testa che irridono alle illusioni ed alle pretese di voler cambiare il corso della storia. 
La definizione lucida e disincantata proposta da Brecht sul ruolo degli eroi, è di fatto una diagnosi-interrogativo sulla società, sulle sue [in]-capacità [non]volontà di essere o meno luogo e tempo di senso per gli umani che la compongono.
Gli EHRD sono testimoni-sentinelle-indicatori per una delle aree per le quali la diagnosi di sostenibilità è meno favorevole: sono tanti infatti gli eroi che produce. 
I migranti che, a migliaia, se ne vanno, lungo i mesi e gli anni, come soldati ignoti di una stessa guerra, svolgono (anche se l’anonimato sembrerebbe essere un indicatore-sentinella-testimone contraddittorio rispetto a quello di eroe) lo stesso ruolo. Sono sentinelle-testimoni-indicatori del fatto che quello che dicono e sono è una verità non tollerabile: devono essere assassinati a sangue freddo. Hanno anche loro i loro eroi: mescolati: bambine/i che non ce l’hanno fatta; ed altre/i sopravvissute/i. Sono tanti, di tanti colori, paesi, lingue, provenienti da tante guerre: tutte/i espulse verso la non-vita, e riescono a parlare solo attraverso i loro “eroi”.
Diceva un altro poeta – in una guerra più assurda di tutte le assurde guerre, ma la prima a potersi fregiare di un titolo solenne, mondiale – che si è, tutte/i, “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” (Ungaretti).
La sanità – un po’ in tutte le sue espressioni-conoscenze è, dovrebbe essere, fatta di EDHR, essendo luogo e tempo di competenza-responsabilità-difesa-promozione di diritti di vita nella dignità.
I nostri eroi spesso sono i famosi e i vincitori, più che i sacrificati, come si conviene ad una disciplina che ha posto come suo indicatore principale la competitività, e la produttività economica. Da non-eroi, da professionisti responsabili, siamo – come l’ambiente – sempre più a rischio di perdere di vista gli ignoti: quelli che l’ambiente creato a misura dei mercati – pubblici e privati – dichiara disposable, usa e getta.
La letteratura e le statistiche ufficiali sono piene di informazioni precise, metodologicamente solide, statisticamente significative, che documentano che diseguaglianza-iniquità sono sempre più “determinanti” nel provocare/aggravare la perdita del diritto ad una vita nella autonomia e nella dignità. Forse è tempo di prendere talmente sul serio, silenziosamente, il messaggio degli EHRD: di fare la scelta metodologicamente (oltre che eticamente, giuridicamente, professionalmente…) più dovuta: non eroica, a misura dell’ambiente in cui viviamo-operiamo: quella di rendere visibili ed imprescindibili tutte/e coloro che sono i fragili, le vittime-destinate, gli espulsi dalle priorità. I loro nomi li conosciamo, sono trasversali a tutte le discipline.
È il sogno – grande, vero, tanto da far loro regalare la vita – di tutti gli EHRD del rapporto: quello che la vita sia un ambiente in cui non ci sia la guerra: e non ci sia bisogno di eroi.


conclusione

Questa storia è dedicata, come un augurio ed un accompagnamento, alla figlia di Bertha Caceres, Berthita. È stata nei mesi dell’autunno in Europa, per mantenere tutti gli impegni presi dalla mamma. Per dire che la sua strada continua. Ha 21 anni.


BIBLIOGRAFIA

1. Forst M. They spoke truth to power and were murdered in cold blood. Rapporto delle Nazioni Unite sugli EHRD https://www.protecting-defenders.org/sites/protecting-defenders.org/files/environmentaldefenders_0.pdf
2. Di Giulio P, Ottone M, Portaluri M, Tognoni G. (a cura di) Rischio e causalità nei disastri ambientali. Assist Inferm Ric 2013;32(2):92-111.
3. Crisp N, Stuckler D, Horton R, Adebowale V, Bailey S, Baker M, et al. Manifesto for a healthy and health creating society. Lancet 2016:388: e24-27.
4. De Camp M, Riggs KR. Navigating ethical tensions in high-value care education. JAMA 2016;316:2189-90.
5. Kennel CF, Briggs S, Victor DG. Making climate science more relevant. Science 2016;354:421-2.