Linee guida per tempi di crisi

Gianni Tognoni
Dipartimento di Anestesia - Rianimazione e Emergenza Urgenza, Fondazione IRCSS Ca’ Grande Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Per corrispondenza: Gianni Tognoni, giantogn@gmail.com



Una delle poche cose certe, nei fatti e nelle percezioni, a livello italiano ed europeo, è l’esperienza, molto diffusa, di vivere un tempo che, nella politica e nell’economia, nell’universo dei valori, nella cultura, è caratterizzato da un’incertezza profonda che tocca, spesso in modo angosciante e a fondo, non solo la quotidianità del vivere, ma ancor più la capacità di avere-formulare un progetto futuro.
I contributi che sono confluiti in questo numero di AIR hanno finito per comporre un mosaico di punti di vista molto diversi, ma che confermano un fatto importante che giustifica l’apparente stranezza dei termini giustapposti nel titolo: quanto si vive in sanità è un indicatore di come e quanto le situazioni che mettono in crisi la vita delle persone, possano e debbano essere sentite ed analizzate come incertezza-insicurezza ed opportunità.
Le poche indicazioni che seguono, propongono una lettura-uso dei contenuti di questo numero che permettono alla professione infermieristica di accogliere la crisi-incertezza che viviamo, come tempo e metodo per fare degli interrogativi in cerca di risposte un’esperienza non di passività ma di ricerca di, ed incontro con, percorsi tanto disincantati da essere generatori di nuova conoscenza. Linee guida che non partono da evidenze cui obbedire, in una logica ripetitiva, ma che esplicitano la realtà più profonda delle evidenze: quella di essere un punto di partenza affidabile solo se si calano, ogni volta, con molta serietà, e si confrontano operativamente, con la variabilità sempre in evoluzione della storia e dei contesti.

1. Il lungo, articolato, complesso contributo della grande ricerca multicentrica sugli esiti delle cure infermieristiche (pag. 117) costituisce la porta di ingresso più appropriata ad un esercizio di riflessione. Un sistema sanitario che è in crisi (questa diagnosi non ha bisogno di essere confermata: è un vissuto, non solo italiano, ed una componente di fondo di tutta la letteratura più qualificata internazionale) ha bisogno di essere preso in carico direttamente dalle persone che ne sono protagoniste, per rendere visibile e valutabile quanto succede: non solo come uno studio (per quanto importante come quello presentato) ma come una prassi permanente. La routine che si vive, può e deve divenire fonte principale di una conoscenza da condividere con tempestività critica. In questo modo la variabilità della evidenza non si limita ad essere una realtà che si descrive come statisticamente significativa, ma diventa uno strumento concreto per intervenire, in modo mirato, sui bisogni inevasi e le loro cause. Una multicentricità permanente coincide in questo senso con un sistema che apprende realizzandosi:1 e l'identità infermieristica si può così caratterizzare per una pratica delle evidenze condivisa ed applicabile, e nello stesso tempo per l'assunzione delle domande aperte (di ricerca) che chiedono la produzione di nuove ipotesi/conoscenze.

2. L'esperienza di partecipazione delle donne che si confrontano con uno dei campi più controversi e più rappresentativi della presente crisi ambientale (quella delle tossicità più o meno evidenti-negate-ritardate-ignorate, nella loro prognosi) (pag. 146) rimanda a termini che si sono già riproposti anche sulla rivista.2 Con una indicazione supplementare molto importante: le iniziative dal basso (cioè dalla concretezza delle cose, non dagli impegni solenni e sempre rimandati) diventano l'unica fonte-spiraglio di futuro. È di questo che parlano i movimenti ispirati da Greta, quelli dei giovani dei Fridays for the future, le mappe di resistenza-resilienza al degrado ambientale che provano a restituire alle persone il volto-ruolo di soggetti della storia, e non solo di vittime di quello che succede. Si può pensare ad un'area di formazione e di pratiche infermieristiche che mettono la presa di coscienza e le ricerche partecipate e condivise tra i capitoli da sviluppare in un futuro non lontano? Certo non sono cose che si improvvisano. L'invito è quello di dare a quanto può nascere dal basso e da minoranze almeno una attenzione privilegiata: non solo per l'ambiente ma per tutti gli scenari nei quali il prendersi cura richiede competenza sulla dignità della vita non solo né prevalentemente medica: dalla psichiatria alle tante non autonomie. Un mosaico di priorità possibili è già stato abbozzato su queste pagine (pag. 146): le mamme-donne che in una regione come il Veneto, ricca anche in sanità scoprono la povertà dei saperi e l'assenza delle istituzioni, si prendono cura del futuro e ci ricordano che questo sguardo non solo è possibile, ma necessario ed efficace.

3. Il contributo su robotica ed anziani introduce ad uno dei capitoli più critici per la sanità e per attuali-futuri ruoli innovativi della professione infermieristica: quello dell'età anziana, che pone domande complementari a quella esplicitata nel punto 2. Da una parte un alto o un centro (istituzionale, politico, scientifico) che dice che per guardare lontano bisogna dimenticare ciò che è locale, emotivamente coinvolgente; dall'altra c'è un eco della complessità, di un basso fatto di saperi incerti, che coincidono con la vita. La linea-guida che ne emerge è un promemoria anche per la professione infermieristica: la priorità di un servizio deve avere come criterio di riferimento la vita reale delle persone, non importa quanto intensa sia la pressione ad affidarsi a tecnologie ed algoritmi che pretendono di ricondurre a modelli lineari di evidenza la nostra ignoranza della complessità esistenziali.

4. Ad una lettera (pag. 156) molto lineare, lucida, proveniente da una rete di persone e luoghi che nell'immaginario collettivo appartengono ad un mondo altro, è affidato il compito di chiudere il mosaico delle linee guida. Anche qui voci di donne: monache di clausura, di tutti gli ordini; i loro monasteri disegnano una mappa strana e misteriosa, urbana e rurale, silenziosa, ignorata da tutte le carte geografiche di questo nostro paese. Prendono la parola in pubblico, diventano visibili per chiamare per nome la domanda-realtà che è simbolo tragico del tempo che viviamo. A livello globale, non solo italiano. Chiedono: come è possibile che una società civile possa negare l'identità umana dei migranti, giorno dopo giorno, vita dopo vita, a migliaia, senza pensare, così facendo, di negare la nostra identità di persone capaci di dignità? La evidenza che viene dal silenzio cancella il clamore delle cronache e delle loro false evidenze, che pretendono di giustificare, anche con l’esibizione di rosari, la semplice violenza della in-umanità e del potere. Linea-guida che chiede che il diritto alla vita non sia una variabile dipendente da equilibri politici ed economici.

5. È la stessa sfida di fondo della sanità come indicatore della società. È pensabile che il mondo infermieristico ritrovi la semplicità, il coraggio, la creatività di presentare ed adottare, in una sanità sempre più fatta di prestazioni economicamente redditizie, la priorità della vita delle persone? Non era questo il messaggio di Nightingale, nel cuore di una guerra senza senso, come tutte le guerre? La crisi di oggi è il prodotto dell'incrocio di tante guerre. Trovare il modo di ridare visibilità-voce alle persone che meno hanno vita è il progetto di ricerca più originale, di lungo periodo (…italiano, ma non solo): potrebbe-dovrebbe essere, per molto tempo, la linea-guida trasversale a tutta la cultura-pratica infermieristica.


BIBLIOGRAFIA

1. Horwitz LI, Kuaretsova M, Jones SA. Creating a Learning Health System through rapid - cycle, randomized testing. N Engl J Med 2019; 381:1175-9.
2. Di Giulio P, Ottone M, Portaluri M, Tognoni G, a cura di. Dossier. Rischio e causalità nei disastri ambientali. Assist Inferm Ric 2013; 32:92-111.